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Gesti: quali sono, come stimolarli e perché sono così importanti per lo sviluppo linguistico del bambino

Nella sezione Angolo del Terapista, Notizie il 12/28/21

Lo sviluppo comunicativo

Lo sviluppo comunicativo e linguistico del bambino si evolve fin dalla nascita attraverso una serie di tappe fondamentali nelle quali è il bambino stesso, attraverso pianto, vocalizzi e gesti che stabilisce una relazione comunicativa con l’adulto. Man a mano che il bambino cresce i segnali che manda si fanno più chiari e specifici in risposta alle reazioni che suscita intorno a lui. Il bambino diventa sempre più consapevole delle sue capacità comunicative e di come può utilizzarle per soddisfare i propri bisogni. Per la riuscita di questa progressione, l’adulto gioca un ruolo fondamentale, infatti è compito suo inviare al bambino dei feedback positivi e accattivanti per invogliarlo a proseguire questo scambio comunicativo.

Lo sviluppo comunicativo ha una sua progressione, possono esserci delle differenze tra i singoli bambini che dipendono da tanti fattori ma in linea generale sono stati individuate una serie di tappe evolutive che segnano una progressione delle abilità comunicative e linguistiche.

Il neonato userà prima il pianto per farsi capire, poi i vagiti e piano piano sperimenterà le prime sillabe senza alcun significato (lallazione canonica e variata) per poi arrivare alle vere e proprie parole. Allo stesso modo anche la parte di comprensione linguistica sarà sempre più affinata passando da una discriminazione dei suoni fino alla comprensione di parole semplici. Questa progressione comunicativa viene anticipata e supportata dall’uso della gestualità. In particolare la comprensione e la produzione dei gesti sono tra loro strettamente correlate (Caselli et al., 2012; Sansavini et al., 2010) e predittive del vocabolario a 24 mesi (Bavin et al., 2008). Questo vuol dire che a due anni il numero di parole che il bambino conosce è correlato all’uso dei gesti nel periodo precedente.

Risulta quindi fondamentale sapere quali gesti esistono e come possiamo supportare la loro comparsa nel primo anno di vita del bambino.

Che tipi di gesti esistono?

Gesti deittici

Tra i 9 e i 13 mesi compaiono i gesti comunicativi deittici, che esprimono l’intenzione di richiedere o attirare l’attenzione verso un oggetto o un evento esterno individuabile dall’interlocutore solo nella situazione contestuale. I gesti deittici sono il dare, mostrare e indicare e possono essere prodotti per una duplice intenzione comunicativa.

  • L’intenzione richiestiva: per richiedere un oggetto o un gioco desiderato. Ad esempio se il bambino indica la palla che è sul tappeto quando ci vuole giocare.
  • L’intenzione dichiarativa: per condividere con l’adulto o l’interlocutore in generale l’interesse per un evento esterno. Ad esempio il bambino indica un uccello che vede volare in lontananza.

In entrambi i casi è evidente come l’interlocutore del bambino può individuare l’oggetto dell’intenzione solo se si trova all’interno del contesto in cui avviene lo scambio.

I gesti deittici vengono prodotti insieme ad altre modalità comunicative come lo sguardo, i versi o addirittura dei primi tentativi di parole o le parole stesse (se ci troviamo intorno all’anno d’età).

Avremo quindi un bambino che indicherà la palla e con gli occhi passerà dal fissare la palla a fissare la mamma per vedere qualche sua reazione. Oppure dirà “PA” o emetterà qualche urletto. In ogni caso il messaggio che invierà sarà più che chiaro: voglio giocare con la palla!

Tra i gesti deittici quello più studiato e che tende ad emergere per primo è il gesto dell’indicare. Si tratta di un gesto universale indipendente dalla lingua alla quale esporremo il bambino e che continuerà ad essere utilizzato negli scambi comunicativi anche dopo l’acquisizione del linguaggio verbale.

Gesti referenziali

Verso i 12 mesi iniziano ad essere usati anche i gesti comunicativi referenziali o rappresentativi, con cui il bambino comunica utilizzando simboli non verbali come significanti della realtà cui fa riferimento (Caselli et al., 2015). Gesti referenziali sono ad’esempio: salutare (fare “ciao” con la manina), il “no” con il dito o “buono” portandosi l’indice sulla guancia mentre mangia. Questi gesti, a differenza dei gesti deittici, rappresentano un referente specifico e il loro significato non varia rispetto al contesto ma resta lo stesso nelle varie situazioni.

Ad esempio: un bambino apre e chiude la mano per esprimere il “ciao” e lo fa sempre nello stesso modo, indipendentemente dal contesto sociale o dal luogo in cui si trova (scuola, famiglia, parco…). Questi gesti si sviluppano a partire dai contesti sociali, dalle routine e dall’interazione e imitazione dell’adulto che continua infatti ad avere un ruolo importante durante questa fase di scoperta e acquisizione comunicativa.

Come avviene l’acquisizione?

La maggior parte dei bambini acquisisce in modo naturale i vari gesti attraverso l’osservazione dell’ambiente circostante e l’imitazione dell’adulto. Una stimolazione mirata dei gesti viene messa in atto dai professionisti, soprattutto quando è presente un ritardo delle acquisizioni legato a un disturbo dello sviluppo. Risulta però altrettanto utile interagire con tutti i bambini, a prescindere se siano presenti o meno delle difficoltà di comunicazione, attraverso alcune attività volte a stimolarli globalmente per favorire non solo l’aspetto comunicativo, ma soprattutto quello sociale e affettivo.

Il bambino che vivrà da subito all’interno di un ambiente ricco di stimoli, esperienze e interazioni con gli altri, tenderà a mostrare curiosità, a interagire osservando le reazioni dell’adulto, a sforzarsi di farsi comprendere attraverso più modalità possibili.

Il ruolo dei genitori

Risulta evidente che il ruolo dei genitori è fondamentale in queste prime fasi di apprendimento e acquista un peso maggiore quando ci troviamo in una situazione in cui c’è un ritardo dello sviluppo e la famiglia si affida a un terapista. In questo caso possiamo identificare alcuni accorgimenti da poter sfruttare per coinvolgere i genitori nello stimolare l’uso dei gesti e supportare in generale l’intenzionalità comunicativa prima nel contesto riabilitativo e poi in quello familiare. Sarà infatti compito del terapista guidarli verso una maggiore consapevolezza delle proprie capacità comunicative volte a supportare le difficoltà linguistiche del proprio figlio.

  • Fare squadra: fin dal primo colloquio conoscitivo con la famiglia è importante che il terapista sia chiaro rispetto al tipo di percorso che andrà a fare (valutazione, intervento, eventuali approfondimenti con altre figure della riabilitazione). Inoltre dovrà da subito coltivare il rapporto con i genitori per creare un legame di fiducia e rispetto reciproco. Risulta fondamentale accogliere tutti i dubbi che emergeranno e fornire un supporto concreto ai bisogni della famiglia.
  • Diario dei progressi: il terapista può chiedere ai genitori di tenere un diario dei progressi, ovvero un quaderno dove riporteranno le loro osservazioni su quanto emerge a casa. Il diario permette di tenere traccia delle varie attività che sono state proposte, di osservare e rileggere insieme i miglioramenti nel tempo e di condividere anche le sensazioni che i genitori stessi hanno sperimentato.
  • Presenza dei genitori: per i bambini molto piccoli (entro il terzo anno di vita) o per quelli che hanno difficoltà di separazione, risulta a volte vincente far entrare e partecipare i genitori in terapia. Il terapista dovrà da subito stabilire delle regole per poter partecipare: che tipo di attività andranno proposte, quando e in che modo il genitore potrà intervenire. Se un genitore risulta essere troppo “invadente” o “poco coinvolto”, sarà compito del terapista farglielo notare e coinvolgerlo in una misura adeguata alle varie attività e alle difficoltà del bambino.
  • Colloqui con la famiglia e rilettura dell’esperienza: attraverso il diario dei progressi e l’osservazione di come i genitori interagiscono con i propri figli, il terapista si potrà fare un’idea dei suggerimenti pratici da dare ai genitori. E’ importante riservare sempre un momento dedicato al dialogo con la famiglia; può essere un colloquio al di fuori dell’orario di terapia oppure alcuni minuti al termine delle attività proposte in seduta.

Come avviene la stimolazione in terapia?

L’uso dei gesti è una delle componenti basilari per l’avvio dello sviluppo linguistico, in terapia possiamo sfruttare alcuni accorgimenti rispetto all’ambiente in cui avviene lo scambio comunicativo e utilizzare diverse attività e giochi per stimolare in generale l’emergere dei gesti.

  • L’ambiente terapeutico: la stimolazione parte dall’ambiente nel quale ci troviamo. Prima di far entrare il bambino in stanza, cerchiamo di posizionare i giochi che lo interessano di più in punti ben visibili ma non a portata di mano. Stimoleremo così l’intenzionalità comunicativa nel chiedere e il gesto di indicazione.
  • Routine: diamo una sequenzialità alle attività proposte in terapia, per esempio alternando a un gioco statico uno di movimento e terminando l’incontro con un gioco scelto dal bambino. Scandiamo i momenti iniziali e finali con segnali chiari e semplici (appena entra ci si toglie le scarpe, prima di andare via si rimette in ordine…). In questo modo il bambino con il passare del tempo imparerà la sequenzialità e la progressione delle varie attività arrivando lui stesso ad anticipare quel determinato momento verbalizzandolo e comunicandolo con i gesti.
  • Strumenti musicali, canzoncine e oggetti sonori: il bambino sarà attratto dai suoni e dai rumori, inizierà a comprendere il concetto di causa effetto (se muovo la maracas, sento un rumore). Le canzoncine per bambini hanno inoltre un ritmo e una musicalità accattivanti, con parole semplici che fanno parte del vocabolario di base comprendendo animali, versi, azioni quotidiane…) da poter associare a piccoli gesti e movimenti che richiamano la parola stessa.

Qualche idea: “Wisky il ragnetto”, “Un cocomero tondo tondo”, “Ci son due coccodrilli”…

  • Il gioco: qualsiasi tipo di acquisizione, se viene stimolata attraverso il gioco risulta ancora più funzionale. I bambini apprendono meglio se quello che proponiamo passa attraverso momenti di gioco.

Qualche idea: qualsiasi gioco adatto all’età sarà una valida occasione. Per la fascia 0-6 mesi attività sensoriali da fare al tappeto; possiamo proporre stimoli di qualsiasi tipo in modo che l’esperienza passi attraverso il tatto (giochi con materiali/superfici diverse), la vista (immagini con alto contrasto tra figura e sfondo), l’udito (sonagli e campanelli). Per i 6-9 mesi possiamo proporre giochi con le palle, strumenti musicali e animali oppure letture di piccoli libri. Verso l’anno possiamo riproporre sotto forma di gioco le routine (dare da mangiare, fare il bagno…). Oltre i 18 mesi si potrà proporre qualsiasi tipo di gioco simbolico.

  • Il gioco delle bolle: abbiamo visto come il gesto di indicazione è molto importante e la sua funzione non viene abbandonata nemmeno dopo l’acquisizione del linguaggio. Una simpatica attività per stimolare l’emergere di questo gesto è quella del gioco delle bolle. Le bolle sono accattivanti e anche se il bambino non è ancora in grado di soffiare, potete farlo voi per lui e poi richiedergli di scoppiarle con il dito. All’inizio il bambino tenderà ad usare solo la mano, per poi diventare sempre più bravo e passare all’uso dell’indice. In questo modo stimoleremo il bambino a far assumere alla propria mano quel determinato gesto.

Qualche idea: all’inizio potete scoppiare le bolle al posto suo facendo da modello, poi insieme prendendo la mano del bambino e portandolo a indicare con il vostro aiuto.

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1 Comment

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Commenti

  1. Francesca Dragoni dice

    22/02/2022 a 18:02

    Grandissima! grazie!
    Sono una collega 😉

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