Il bambino ha bisogno di vivere naturalmente, e non soltanto di conoscere la natura
Montessori, La scoperta del bambino
In questi ultimi tempi vanno nascendo, sempre più frequentemente, iniziative progettuali che hanno come oggetto la valorizzazione dell’ambiente naturale nel percorso di apprendimento del bambino. È un elemento significativo che rileva il bisogno crescente di riumanizzazione, a cominciare dai bambini; tuttavia, per non cadere nel rischio di un’ulteriore strumentalizzazione più o meno consapevole, credo sia importante comprenderne il senso pedagogico più profondo.
Un ambiente naturale è tutto ciò che circonda ogni essere umano: boschi, montagne, prati, fiori, animali, aria, acqua e vento, elementi che, attraverso i sensi e la percezione, permettono di comprendere qualcosa in più di sé e di quanto sta intorno al sé. Il bambino, infatti, è un’unità bio-psico-sociale, un bellissimo, grande tutt’uno alla ricerca costante dell’armonia e la natura con il suo potere trasformativo contribuisce al suo sviluppo apprenditivo. Oggi, una sorta di opera ingegneristica ha creato un occhio dis-umano, inteso non in senso dispregiativo, semplicemente non umano; pertanto, pur avendo a portata di mano un inestimabile patrimonio conoscitivo, non ci sono più occhi che sappiano guardare.
L’esperienza della sensorialità, per quanto ribadita nei programmi didattici, spesso ha carattere strumentale e di superficialità. Un autentico apprendimento sensoriale richiede il contatto e diretto con la natura, per contemplarne le bellezze, sentire le inquietudini, per cogliere le varietà delle forme di vita, per immergersi in una dimensione naturalmente est-etica, per non perdere il desiderio di stupirsi in quel meraviglioso caleidoscopio delle forme di vita che si offrono naturalmente a noi.
Gli innumerevoli “progetti didattici” proposti alle scuole hanno per lo più scopo finalistico, le programmazioni scolastiche richiedono l’esplicitazione di dettagliatissime fasi di lavoro e di competenze da raggiungere, pena l’esclusione dai finanziamenti. Si dimentica così che i bambini possiedono una naturale creatività che andrebbe assecondata e valorizzata. L’adulto progetta e programma condizionato da strutture cognitive e formative già date. Il bambino no, egli crea, pensa, osserva, sperimenta grazie all’utilizzo naturale che fa dei suoi sensi: sente, tocca, odora, guarda, gusta, conosce. È così che impara a giocare la vita. La sua è una conoscenza che abbraccia il cuore, le emozioni, i sentimenti, la razionalità: un patrimonio da non deprimere e sul quale investire. La progettualità è uno spazio co-cre-ATTIVO.
Abbiamo a disposizione un patrimonio naturale che negli ultimi decenni è stato intorpidito, privato di senso, inteso quasi esclusivamente come bene di consumo, sfruttato, appannato dagli effetti di un presunto progresso che ha penalizzato non poco lo sviluppo delle due ultime generazioni. Giochi e attività introdotti da sofisticati programmi tecnologici hanno preso il posto dell’apprendimento umano, quello che non censura il cammino, che offre la possibilità di “respirare a pieni polmoni” e di abitare lo spazio.
- D. Thoreau, filosofo e poeta (1817- 1862), scrive che “…la natura, si dispiega intorno a noi, simile al leopardo per la bellezza e amore verso i figli; eppure così precocemente veniamo staccati dal suo seno e affidati alla società, a quella cultura che è un agire reciproco dell’uomo sull’uomo”.
È ora di recuperare realmente il con-tatto, per comunicare meglio, relazionarsi umanamente, sentire il cuore, guardare oltre, toccare come tocco che accarezza e conosce, circolarmente: adulti e bambini. La natura offre infinite suggestioni, utili alla narrazione di sé e delle cose del mondo e il bambino ha un’istintiva immaginazione letteraria che non deve disperdere (H. Gardner). Ma è necessario prendersi e dedicarsi Tempo e… imboccare sentieri, metafore di vita. Jean-Jacques Rousseau, già a suo tempo, scriveva che la più utile regola di tutta l’educazione […] È non di guadagnare tempo, ma di perderne.
In un sociale fatto di immagini stereotipate, spesso di gusto narcisistico, sarebbe auspicabile restituire pregnanza all’attività di fotografia, viste le sue notevoli implicazioni di carattere pedagogico. Si parla di una pratica già in uso da tempo in diverse realtà scolastiche ma poco valorizzata. Fotografare, senza preoccuparsi dei tecnicismi, rappresenta per il bambino un modo del tutto personalizzato di fissare nella memoria suggestioni, paesaggi, colori, emozioni, nonché la propria percezione della realtà e la sua elaborazione. Inoltre l’uso di una macchina fotografica richiede concentrazione e attenzione, attesa e curiosità. Un bimbo che scatta le sue fotografie, raccoglie dettagli osservando “proprio quel particolare” e non un altro, che lo ha colpito, che ha attirato la sua attenzione, che gli ha rammentato qualcosa; egli imprime nella memoria un sentire, un emozionarsi, si stimola al racconto e all’invenzione delle storie, entra in sintonia con un mondo animale che conosce poco o per nulla o presumibilmente attraverso gli schermi: la corsa repentina di un capriolo, lo sguardo impaurito o incuriosito di uno stambecco, il volo di un uccello che dispiega ali maestose, o i colori dei fiori, il rumore del vento o dell’erba che ondeggia…si accendono i sensi. Armonia e consonanza, unico obiettivo, perché, ricordiamolo sempre, il bambino è un corpo che cresce e un’anima che si svolge (Montessori).
Infatti, i bambini sanno cogliere anche le minuzie e investirle di enorme carica emotiva e narrativa, sanno dipingere come artisti, sanno sentire in modi che l’adulto ha dimenticato o rimosso imbrigliato com’è da logiche utilitaristiche ed efficientiste.
Allora, facciamoci condurre per mano da loro, dai bambini e…incamminiamoci per nuovi sentieri. L’estate è in arrivo, cominciamo. Zaino, macchina fotografica, sorriso e sguardo intercalati da parole piene che diventano racconti, narrazioni di vita e di cuore, ricordi.
Sarà un’educarCI prezioso per crescere insieme, grandi e piccoli.
di Luisa Piarulli, pedagogista
Luisa Piarulli, pedagogista, specializzata in Bioetica e pedagogia del territorio
Ha ricevuto il premio nazionale Curcio 2016, per la diffusione della cultura pedagogica
Autrice di articoli e saggi pedagogici
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