Oggi vi racconto di un’altra lezione imparata dai miei bambini, ovvero di come in certi casi non servano giochi o oggetti particolari per farli felici.
Tutto ha inizio circa un mesetto fa quando, per un viaggio di lavoro, ho passato una settimana lontano da casa, e soprattutto lontano dai miei due bimbi, Nicolò di 3 anni e mezzo e Giovanni di 13 mesi. E cosa fa un papà in trasferta prima di affrontare il viaggio di ritorno? Cerca un negozio di giocattoli e si procura due belle soprese per i suoi pargoletti.
Detto fatto, ed ecco che gli ultimi due arrivi, legati ad uno dei cartoni preferiti del momento, sono alloggiati con cura nel bagaglio a mano, onde evitare rotture o smarrimenti. Durante il volo di ritorno mi sono trovato a pensare: “Speriamo che con le due sorprese restino belli impegnati, così posso dedicarmi al giardino e alle siepi da tagliare. Dai che questo weekend finalmente ce la faccio!”.
Dopo un atterraggio senza problemi e il ritiro bagagli più veloce della storia, dietro le porte scorrevoli compaiono i miei piccoli sorridenti ad aspettarmi. Nicolò, dopo un rapido bacio appena sfiorato, mi chiede subito: “Papà, ma ti hai ricordato di portare la mia sorpresa? Ti ricordi?”. “Certo Nicolò, eccola qui, però la apriamo a casa. E questa è per Giovanni; poi lo aiuti tu ad aprirla e gli insegni come si gioca?”. “Sìììì! Ti hai ricordato, bravo papà”.
Una volta a casa, tutto orgoglioso dei regali scelti, sento Nicolò che esclama: “Wow, che bello. Questa macchinina è proprio come Doc, l’amico di Cars! E Giovanni ora ha il suo Cars, così non mi ruba più il mio. Capito Giovanni?!?”. In realtà il regalo di Giovanni è diventato proprietà di Nicolò nel giro di cinque minuti, ma per fortuna il piccolo non ricorderà nulla di questo ennesimo furto. Assistendo a queste schermaglie tra fratellini, dentro di me inizio ad organizzare i lavori di giardinaggio, contando sul fatto che con le nuove macchinine avrò almeno un paio di ore a disposizione.
Ma coi bimbi ogni pianificazione va sempre a rotoli. Altro che due ore. I due fratellini, per una volta d’accordo su tutti i fronti, avanzano mano nella mano in giardino per scoprire un nuovo oggetto non identificato, il tagliasiepi elettrico. “Bambini, mi raccomando, questo non è un giocattolo, è molto pericoloso, e soprattutto il papà deve fare una cosa da grandi. Quindi Nicolò, per favore, gioca con Giovanni, con la palla, con le ruspe, anzi vai a prendere i regali che vi ho portato, ma state lontani dalle siepi, che papà ora deve tagliare. Guardate che ora vi controlla anche mamma”.
“Papà, ma ti possiamo aiutare?”. “No, Nicolò. Ti ho già detto che è una cosa da grandi”.
In questa occasione il mio rifiuto, stranamente, sembra aver funzionato. Nicolò chiama Giovanni e lo trascina lontano dalle siepi verso i classici giochi. A questo punto, con la mamma che controlla i loro spostamenti, inizio dal punto più lontano e difficile, perché mi devo insinuare tra la rete di recinzione ed i rami più fitti. Dopo aver tagliato un discreto numero di rami inizio a tirarli al di là del muro di siepi, visto che a taglio finito dovrò raccoglierli nell’apposito bidone. Tra un taglio e un lancio, sento la mamma che richiama la mia attenzione ridendo: “Papà, sei sicuro che stai facendo un lavoro da grandi?”. Sbircio incuriosito tra i rami e vedo che i miei bimbi stanno facendo un bel mucchio di foglie e rametti vicino al bidone. Ma la cosa ancora più sorprendente è che lo fanno collaborando e ridendo tra loro. Nicolò addirittura sta aiutando Giovanni coi rami più pesanti dicendogli: “Giovannino, stai attento che questo è un ramo da grandi. Ti aiuto io, dai Giovannino”.
Lo ammetto. Mi sono vergognato. Non ho pensato assolutamente che quel poco che dovevo fare in giardino doveva essere una bellissima occasione per passare del tempo coi miei bimbi e per fare qualcosa di coinvolgente con loro.
In quel momento a Nicolò non interessavano più giochi, macchinine e cartoni animati, voleva solo fare una cosa nuova e farla con suo papà e suo fratello. Voleva imparare, toccare, sporcarsi, dimostrare a sé stesso e soprattutto a me di essere grande.
Ma ho imparato la lezione. Il giorno dopo mi sono procurato degli attrezzi di giardinaggio per loro, in metallo per Nicolò ed in plastica per Giovanni, guanti da lavoro, sementi e oggi tutti e due hanno almeno un vasetto a testa di pomodori, basilico e fragole.
E con poco si è creato per loro un piccolo grande rito irrinunciabile: ogni sera dopo cena, anche se fuori piove, escono in giardino, annaffiano i loro vasetti, controllano se le piantine sono cresciute, se ci sono fiori o germogli, toccano le foglie e osservano gli insetti.
E ogni sera Nicolò mi chiede: “Papà, ma quando arrivano fragole e pomodori? La mamma quando ci fa la pasta verde?”.
“Presto amori miei. Vedrete che presto li raccoglierete e che la mamma ci farà la pasta verde col pesto”.
Quando saranno più grandi capiranno che in realtà, dentro di me, spero che quel momento arrivi il più tardi possibile, per continuare a godermi questi momenti con loro e coi loro piccoli pollici verdi.
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