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Scuola dell’Infanzia: il ritorno al “Giardino di bambini”

Nella sezione Angolo del Docente, Angolo del Terapista, Gioco, Notizie il 05/18/17

Cosa succede alla Scuola dell’Infanzia? Prove di alto livello, peggioramento degli standard educativi e istruzione rigida hanno spinto a considerare la Scuola dell’Infanzia non più nel suo intento di spazio di gioco per il bambino, ma come un nuovo primo ciclo di studi.

Come possiamo ritornare all’idea originale di Scuola dell’Infanzia come “giardino di bambini (il nome inglese per definire l’asilo è infatti Kindergarten (dal tedesco)-  children garden, letteralmente giardino di bambini) e sostenere il ripristino del gioco?

Perché la Scuola dell’Infanzia è importante

La Scuola dell’infanzia è il ponte tra pre-scuola e Scuola Primaria. E’ il momento nel quale i bambini sono maggiormente curiosi del Mondo e delle sue meraviglie. Stanno sviluppando le loro abilità scientifiche, linguistiche e recitative.

La ricercatrice britannica Vivian Paley ha definito la scuola dell’infanzia come “l’università della fantasia”: è la fase in cui l’immaginazione dei bambini è più fiorente, la fase nella quale cominciano ad approcciarsi in modo maturo al gioco di ruolo utilizzandolo come motore dello sviluppo mentale e socio-emotivo. Troncare questa meravigliosa fase di crescita del bambino con inappropriate pressione riduce la loro libertà e i loro diritti.

 L’idea originale

Gran parte di ciò che conosciamo riguardo l’educazione pre-scolare lo dobbiamo al lavoro rivoluzionario di Friedrich Froebel (1782-1852). Prima che lui inventasse le Scuole dell’Infanzia (Kindergarten) non vi era nessun valore riconosciuto nell’insegnare a bambini di età inferiore a 7 anni. La sua attenta osservazione dello sviluppo umano ha portato alla conferma che i primi anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo educativo. Froebel ha riconosciuto che il gioco libero del bambino o “l’impulso spontaneo del bambino per esplorare e agire” è la prima modalità di apprendimento. Sfruttare questa attitudine naturale del bambino è stato uno dei fondamenti per la creazione della Scuola dell’Infanzia (Brosterman, 1997).

Froebel credeva che la relazione tra educatore e bambino fosse di grande importanza per l’apprendimento. Lui vedeva i bambini come degli individui da rispettare e nutrire, proprio come delle giovani piante, concependo l’asilo (Kindergarten- giardino dei bambini) come uno spazio fertile nel quale i bambini potessero fiorire e crescere. L’ambiente della Scuola dell’Infanzia, per lui, doveva essere ricco di esperienze giocose. L’insegnante doveva quindi essere un sia un “giardiniere” che un “esploratore” accanto ai bambini (Zinguer, 2015).

Al fine di favorire questo apprendimento “naturale” Froebel ideò dei materiali, conosciuti come “Regali” e ”Occupazioni”, per impegnare i bambini nell’apprendimento giocoso.

I dieci “Regali” di Froebel erano una serie di giocattoli educativi e pratici, come ad esempio palle, blocchi e piastrelle, con i quali i bambini giocavano su grandi tavoli di ardesia, occupandosi loro stessi di analizzare, fare e costruire, sotto la guida di un insegnante. I “Regali” erano volti a comprendere e a delineare le attitudini pratiche e astratte dei bambini. I bambini, a loro volta, imparavano a costruire mentalmente relazioni interiori e a comprendere le opposizioni, le similarità e le differenze.

Se i Regali riguardavano le capacità innate del bambino o ancora vi erano quelli per pensare e fare, le dieci “Occupazioni” di Froebel erano, invece, materiali e attività derivate dall’artigianato tradizionale e da attività manuali legate all’ambiente del bambino. I bambini ricevevano materiali da utilizzare in attività come il ricamo, il taglio, l’intreccio, la tessitura e la manipolazione. Queste attività educative erano guidate dall’insegnante e avevano lo scopo di promuovere il pensiero bidimensionale e tridimensionale (Hanschmann, 1897).

Nonostante il governo Prussiano, nel 1851, avesse ostacolato e reso illegali tutte le Scuole dell’Infanzia (ritenendole sovversive), l’idea progressista dell’asilo di Froebel non morì e ben presto di diffuse in tutto il Mondo (Brosterman, 1997). Il primo Kindergarten fu aperto a Londra nel 1851. Nel 1856, alcuni immigrati tedeschi aprirono la prima Scuola dell’Infanzia degli Stati Uniti, a Watertown, nel Wisconsis. Fu Elizabeth Peabody ad aprire la prima Scuola dell’Infanzia in lingua inglese, a Boston nel 1860.

Gli oggetti innovativi per le lezioni utilizzati da Froebel (Regali e Occupazioni) furono esposti nel 1876 all’Esposizione Centennale di Philadelphia.

E’ interessante notare che i genitori dell’epoca dibattevano tra di loro sul fatto che la scuola dell’infanzia dovesse avere la precedenza sull’apprendimento della lettura (Beatty, 2000).

Peabody e altri educatori enfatizzarono il fatto che il Kindergarten fosse un ponte tra casa e scuola, rendendo la Scuola dell’Infanzia un posto meraviglioso per preparare i bambini ai successivi cicli di studio e per l’apprendimento accademico. Questi enfatizzarono anche il fatto che la Scuola dell’Infanzia non fosse una scuola pubblica primaria o una rinnovata vecchia scuola dell’infanzia, ma una nuova e molto diversa istituzione educativa, un “giardino di bambini” (Baylor, 1965). Questa visione originale fu seguita fino alla metà del XX secolo.

Negli anni recenti, ovunque, ciò è cambiato, tanto da rendere quella che noi chiamiamo Scuola dell’infanzia il “primo ciclo scolastico” (Bassok, Latham, & Rorem, 2016).

La realtà attuale

Negli ultimi 20 anni sono avvenuti rapidi cambiamenti nel sistema scolastico. Le Scuole dell’Infanzia pubbliche sono diventate dei luoghi nei quali i bambini spesso soffrono sotto il peso di un contenuto accademico errato (suolo troppo ricco), ordini diretti (annaffiature aggressive) e valutazioni insensibili (pesticidi). Nelle Scuole dell’Infanzia i bambini hanno raramente l’occasione di giocare. Vi è una crisi nella quale gli insegnanti e i bambini sono sotto assedio (Miller & Almon, 2009).

Miller e Almon hanno richiamato l’attenzione su questo problema nel loro testo Crisis in the Kindergarten (2009). Più recentemente, Bassok et al. (2016) ha fornito una conferma empirica di questa rappresentazione attraverso i dati di un’indagine che ha messo a confronto gli insegnanti e le aule degli asili tra il 1998 e il 2010.

I risultati comparativi hanno dimostrato che, ad esempio, gli asili dotati di un’area per la drammatizzazione sono scesi dall’87% al 58%, mentre l’utilizzo di fogli di lavoro per la lettura e per la matematica è salito rispettivamente del 17% e del 15%. Le domande dell’indagine del 1998 non includevano neppure l’utilizzo di compiti in classe da parte degli insegnanti; in modo allarmante, nel 2010, circa il 30% degli insegnanti di asilo ha riferito di far svolgere tali prove almeno una volta al mese.

Come trasformare ciò

Il primo passo per trasformare questa situazione è riconoscere che si tratta di un problema. Fino a quando gli insegnanti, i presidi e gli enti pubblici in generale non ammetteranno che stiamo mettendo sotto pressione i bambini della Scuola dell’Infanzia, la situazione non cambierà.

Il danno sui bambini causato dalla pressione scolastica si sta trasferendo sulle prossime generazioni. Stiamo perdendo di vista ciò che le ricerche hanno dimostrato: i bambini imparando meglio attraverso il gioco e la gioiosa scoperta.

Conoscenza, strategie per cambiare e supporto politico sono indispensabili per risolvere questo problema. Anche prima che ciò accada, però, possiamo fare qualcosa per modificare questo trend.

Gli insegnanti potrebbero trovare il modo per adattare le attività svolte ai diversi bambini: le lezioni dovrebbero essere cucite sugli interessi e sulle attitudini dei bambini, sulla base del loro livello di sviluppo, potrebbero utilizzare strategie didattiche incentrate sul gioco e sulla progettualità.

I bambini della Scuola dell’Infanzia sono nell’età perfetta per potersi cimentare in giochi di vario genere. Un insegnante saggio sfrutterà questa esigenza di gioco per promuovere lo sviluppo del bambino in tutte le aree, inclusa quella educativa. Le strategie basate sul gioco permetteranno al bambino di sperimentare, esplorare, manipolare e trasformare i concetti e i materiali introdotti in classe. Non esiste un approccio univoco all’insegnamento!

Come dovrebbe essere la Scuola dell’Infanzia

Prima di tutto, la Scuola dell’infanzia non dovrebbe apparire come un’aula piena di banchi e sedie. Dovrebbe invece apparire come uno spazio confortevole nel quali i bambini possono interagire l’uno con l’altro e con i vari materiali. Le aule dovrebbero riflettere le attitudini dei bambini che le frequentano. I materiali e le attività dovrebbero essere culturalmente rilevanti, flessibili, aperte e facilmente accessibili ai bambini.

Cosa dovresti sentire? Un ronzio di attività! Cosa dovresti vedere? Bambini assorti in varie attività! Che cosa potrebbe fare l’insegnante? Interagire con piccoli gruppi di bambini; facilitare l’apprendimento coinvolgendo i bambini, non dirigendoli.

Questa era la visione originale di Froebel quando ha coniato il termine Kindergarten! Dopo aver cercato per anni un termine che descrivesse il suo approccio educativo, Froebel ha trovato la risposta combinando le parole bambini (Kinder) e giardino (Garten).

I bambini hanno bisogno di avere l’opportunità di esplorare liberamente il mondo in un ambiente stimolante. Il risultato di questa attenta coltivazione è la “creazione di un bambino sensibile e curioso, con un genuino rispetto per la natura, per la famiglia e per la società; un bambino ragionevole e creativo che più avanti avrebbe pochissimi problemi nell’apprendimento di qualsiasi altra cosa” (Brosterman, 1997).

La visione di Froebel sull’Infanzia e sulla prima educazione è disperatamente necessaria oggigiorno. Forse, guardando indietro e osservando come la Scuola dell’Infanzia è nata, possiamo acquisire dati per il futuro e cercare di ripristinare il gioco.

Una Scuola dell’infanzia dovrebbe essere zeppa di ronzii di attività dirette dal bambino!

Jim Johnson & Karen McChesney Johnson (Penn State University)

Jim Johnson è Professore in carica di “Istruzione precoce dell’infanzia” alla Penn State University. Jim è autore di molti libri e articoli sul tema del gioco, dell’educazione e dello sviluppo del bambino. E’ Co-Facilitator del NAEYC’s Play, Policies and Practices Interest Forum. Jim insegna anche “Gioco come processo Educativo”.
Karen McChesney Johnson fa parte del dipartimento di Scienze dell’educazione Infantile all’Università statale della Pennsylvania. Ha presentato workshop, sessioni di gioco e conferenza nazionali e internazionali. Attualmente insegna sezioni di Gioco come processo educativo agli educatori e ad aspiranti tali.

simona

 

 

 

 

 

 

Articolo tradotto dal blog http://www.communityplaythings.co.uk/learning-library/articles/return-to-kindergarten?source=Pal159

 

Bassok, D., S. Latham, and A. Rorem. 2016. “Is kindergarten the new first grade?” AERA Open. 1 (4): 1-31. DOI: 10.1177/2332858415616358.
Baylor, R. 1965. Elizabeth Palmer Peabody: Kindergarten Pioneer. Philadelphia: University of Philadelphia Press.
Beatty, B. 2000. “’The letter killeth’: Americanization and multicultural education in kindergartens in the United States, 1856-1920″ in Kindergartens and Cultures: The Global Diffusion of an Idea, edited by Roberta Woolons, 42-58. New Haven, CT: Yale University Press.
Brosterman, N 1997. Inventing Kindergarten. New York: Harry N. Abrams, Inc.
Hanschmann, A. 1897. The Kindergarten System: Its origin and development as seen in the life of Friedrich Froebel. London: S. Sonnenschein.
Hatch, J.A. 2002. “Accountability Shovedown: Resisting the standards movement in early childhood education.” Phi Delta Kappan 83(6): 457-463.
Miller, E. and J. Almon. 2009. Crisis in the Kindergarten: Why children need to play in school. College Park, MD: Alliance for Childhood
Wiebe, E. 1923. The Paradise of Childhood: A Practical Guide to Kindergarten,Golden Jubilee Edition. Springfield, MA: Milton Bradley Co.
Zinquer, T. 2015. Architecture in Play: Intimations of Modernism in Architectural Toys. Charlottesville: University of Virginia.
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1 Comment

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Comments

  1. Lucrezia Pacifico says

    08/08/2017 at 18:56

    Perchè non fate un modo di condividere gli articoli pubblicati, anche su WathsApp?
    È un modo molto più immediato per far leggere gli articoli a chi è interessato !

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