Stamattina ho ricevuto la piacevole proposta di scrivere questo articolo e ne ho parlato a mia figlia, quinta primaria, la quale ha ribattuto immediatamente: “I compiti?! Sono sempre troppi e non servono a niente…o quasi!”
Questo mi ha fatto riflettere, ricordando anche quanto mi viene riferito da altri bambini e relativi genitori: che messaggio viene ricevuto dai bambini e dai ragazzi in merito all’utilità dei compiti e con quale motivazione si impegnano a svolgerli?
Credo che manchi concretezza a ciò che viene insegnato a scuola e bridges con la realtà, con la quotidianità, che è intrisa di elementi e nozioni apprese a scuola, ma non è percepita come tale e se a ciò aggiungiamo la povertà di creatività dei metodi di insegnamento e di vita quotidiana (pensiamo ai giochi attuali dove i bambini sono passivi e si identificano con l’oggetto, perdendo la peculiarità propria del gioco di insegnare la capacità regolativa) il risultato ipotizzabile e verificabile non è dei migliori.
Quindi che fare? Direi…giocare! Chi impara in assoluto? Tutti noi quando siamo bimbi piccoli, dalla nascita ai primi anni di vita, siamo spugne meravigliose e magiche che riescono ad assorbire tutto e a crearsi parametri di qualsiasi genere, con i quali catalogare le esperienze apprese. Vi ricordate come facevamo? Impossibile, ma possiamo recuperare il tutto dall’osservazione dei piccoli maestri che vivono intorno a noi: giocano, si divertono, si buttano, osano senza paura, provano e riprovano fino a quando non raggiungono il loro obiettivo. Potrebbe essere interessante provare a rimettere in pratica questi spunti contestualizzandoli, non solo da bambini, ma anche, e direi soprattutto, da adulti verso noi stessi e verso i più piccoli.
Noi adulti abbiamo la preziosa responsabilità di crescere le future leve come esseri indipendenti e autonomi dal punto di vista emotivo, affettivo, cognitivo e di vita pratica, ognuno a seconda delle proprie necessità e dei propri obiettivi raggiungibili. La maggior modalità di imparare è quella offerta dall’osservazione, vi ricordate i neuroni specchio? Quelle preziose cellule che si attivano in chi compie l’azione e in chi la osserva, creando l’azione prima nella mente e poi nella capacità pratica? Dovrebbero farci riflettere sul modo in cui noi adulti ci comportiamo con i nostri ragazzi, sia nella funzione di genitore, che di insegnante, nonno e quant’altro. Penso sia fondamentale il nostro atteggiamento di affiancamento e incoraggiamento durante i compiti, dimostrando per primi un po’ di entusiasmo e rendendo consapevoli i nostri figli della loro utilità, con esempi della vita pratica (es. quando scegli l’abbinamento tra maglia e pantalone stai facendo una moltiplicazione, in particolare una combinazione). Possiamo anche “far finta” con i compiti: di essere insegnanti davanti ad una classe, attori, inglesi se stiamo studiando inglese, cantando…ci sono infinite possibilità per rendere i compiti più piacevoli e meno un dovere noioso.
Inoltre non fate stare fermi immobili alla loro scrivania i bambini: il cervello è collegato al corpo e se il corpo si muove, cammina, anche il cervello “si muove” di più (almeno quando è possibile, per esempio per ripassare un argomento di studio o per comprendere un processo logico che porta alla soluzione di un problema, di un quesito).
Un altro “trucchetto” consiste nel tenere una mano sulla fronte (come quando le persone pensano): la mano, in tal modo, stimola i nervi del sistema parasimpatico della zona delle eminenze frontali, attivando la zona frontale del ragionamento in tempo presente, aumentando la capacità logica, la concentrazione e la calma.
E torniamo ai compiti, essi potrebbero essere uno strumento utile per fissare le nozioni e i ragionamenti appresi sì, ma anche per stimolare le intelligenze e le passioni dei ragazzi, dando loro compiti aperti, stimolanti con i quali possano costruire, concretizzare le loro idee, anche sbagliando, dando modo agli studenti di qualsiasi età di creare compiti che sintetizzino e amplifichino ciò che è stato imparato a scuola.
Concludo con un piacevole ricordo: ad inizio vacanze estive una ragazzina della secondaria mi raccontò il suo stupore e la sua stima verso la sua professoressa di Italiano che aveva preparato per ogni alunno un foglio contenente pochi compiti-base di ripasso e degli esercizi personalizzati per far esercitare ogni individuo nelle tematiche che sono risultate più difficoltose per lui durante l’anno. Meritevole insegnante di cuore direi!
Deborah Turrini
pedagogista
Presidente ANPE-Veneto
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