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Le prime parole e lo sviluppo del linguaggio

Nella sezione Angolo del Terapista, Notizie il 02/08/22

Lo sviluppo del linguaggio e della comunicazione in generale è un percorso complesso e affascinante. Possiamo delineare alcune fasi importanti a partire da primi suoni fino alle prime parole.

0-2 mesi: il neonato comunica il suo stato d’animo attraverso vagiti, pianto o sorriso. I segnali dovranno essere interpretati dall’adulto di riferimento.

2-6 mesi: il bambino inizia a produrre alcuni suoni vocalici in modo intenzionale (in base alle risposte dell’ambiente esterno che osserva e che riceve). Può capitare in questo lasso di tempo che il bambino sperimenti e osservi le reazioni dell’adulto con versi e strilli, sono i suoi primi tentativi di comunicazione intenzionale.

6-8 mesi: compare la lallazione canonica. In questa fase il bambino pronuncerà più volte la stessa sillaba (ad esempio MA MA MA). Non è ancora in grado di associare a quei suoni un significato, ma sta sperimentando i vari suoni. Non sono delle vere e proprie parole, ma come vedremo più avanti ci offrono un buon indicatore dello sviluppo linguistico,

8-10 mesi: dalla lallazione canonica si passa alla lallazione variata, dove le sillabe che vengono ripetute sono diverse tra di loro (ad esempio PA TA). Il bambino produrrà più suoni diversi, sia di tipo consonantico che vocalico. In questo stesso periodo inizia la produzione dei gesti che supportano la comunicazione e ne facilitano l’interazione con l’adulto.

A 12 mesi circa (poco prima o poco dopo), ecco l’emergere delle prime parole. All’inizio i target che produrrà non saranno probabilmente del tutto corretti: ad esempio dirà “ua” per indicare “acqua”. Spesso le produzioni saranno accompagnate dal gesto di indicazione o dal contatto oculare che andranno ad arricchire lo scambio comunicativo. Le prime parole saranno target che il bambino ha avuto modo di ascoltare e sperimentare nella sua routine quotidiana.

18 mesi: intorno ai 18 mesi abbiamo una vera e propria esplosione del vocabolario. Il bambino inizierà a produrre molte più parole di significato in contesti diversi e non solo nell’ambito strettamente familiare.

Tra i 18 e i 24 mesi: il bambino inizia a combinare fra di loro due parole. Queste combinazioni non saranno stabili e sempre uguali, ma in continua evoluzione e cambiamento. Potrà capitare che il bambino combini il proprio nome con il nome di un oggetto per indicare che in quel momento vuole giocarci; ma non è detto che adotti sempre questa stessa modalità. Questa abilità viene definita capacità combinatoria e come tutte le competenze linguistiche emerge piano piano fino a che il bambino non ne diventa consapevole e competente. Come vedremo, anche questa tappa risulta essere fondamentale per lo sviluppo linguistico.

Queste tappe linguistiche di riferiscono nello specifico alla produzione verbale. Di pari passo si sviluppa la comprensione, il gioco e l’uso dei gesti.

CAMPANELLI DI ALLARME

Abbiamo visto come le varie tappe di acquisizione sono delineate da momenti ben precisi. Non dobbiamo dimenticarci che nei primi anni di vita esiste una variabilità molto ampia per cui alcuni bambini possono raggiungere quella determinata tappa di acquisizione o prima o dopo il tempo indicato. Considerano l’enorme variabilità presente, possiamo comunque definire alcuni campanelli di allarme che ci possono mettere in allerta di fronte a un eventuale disturbo del linguaggio.

  1. Assenza di lallazione dopo i 12 mesi. Come abbiamo già evidenziato, la lallazione è una tappa fondamentale e imprescindibile per lo sviluppo linguistico. La sua assenza dopo l’anno di età è considerato un indice di rischio per il ritardo di linguaggio.
  2. Vocabolario inferiore alle 20 parole intorno ai 20 mesi e inferiore alle 50 parole intorno ai 24 mesi. Per quanto ci possa essere una grande variabilità tra lo sviluppo linguistico nei vari bambini, un vocabolario così ridotto rispetto all’età cronologica ci mette in allarme.
  3. Assenza di combinazioni a 24 mesi. Abbiamo visto come la capacità di combinare due parole insieme emerge prima dei due anni e vengono considerati a rischio rispetto al ritardo di linguaggio tutti quei bambini che non presentano l’emergere di questa abilità dopo i 24 mesi.
  4. Assenza del gesto deittico. Il gesto deittico emerge intorno al 10° mese di vita, nel quale il bambino inizia a indicare gli oggetti e l’ambiente circostante utilizzando questo gesto proprio come fulcro comunicativo. Possiamo dire che il gesto deittico è un prerequisito della comunicazione verbale e che risulta essere fondamentale per lo sviluppo linguistico. Per questo motivo l’assenza di questa competenza viene considerata come uno dei primi campanelli di allarme per il ritardo di linguaggio.

IMPARIAMO A CONTARE LE PAROLE!

Abbiamo visto quanto sia importante osservare e valutare lo sviluppo linguistico in base all’età del bambino. Un’osservazione più puntuale da fare è di sicuro sul vocabolario in produzione. Per vocabolario si intende il numero di parole che il bambino utilizza spontaneamente per veicolare un determinato messaggio. Dobbiamo avere un’idea di massima di quanto sia ampio o meno il vocabolario, ovvero quante parole usa. Di seguito vediamo in che modo andremo a contare le parole per comprendere davvero l’entità del vocabolario del bambino.

  • Considero “parola” qualsiasi suono, sillaba o approssimazione della parola target (ad esempio “aua” per acqua) prodotto in modo stabile e spontaneamente.
  • Suoni onomatopeici (versi degli animali, rumori dei mezzi di trasporto…). Ad esempio, “mao” per gatto oppure “vvv” per aereo.
  • Se il bambino utilizza una sola parola per riferirsi a due oggetti diversi, devo conteggiare nel suo vocabolario quelle due parole diverse e non una sola. Ad esempio, se usa “pepo” per “cappello” e per “tromba” allora dovrò considerare due parole in quanto il bambino ne comprende la diversità e poi piano piano diventerà sempre più bravo nel pronunciarle in modo più accurato e diversificato.
  • Non consideriamo valide e facenti parte del vocabolario tutte quelle parole che vengono prodotto su ripetizione, cioè non in modo spontaneo ma subito dopo uno stimolo chiaro e diretto da parte dell’adulto.

STRATEGIE PER SUPPORTARE LO SVILUPPO DELLE PRIME PAROLE

I campanelli di allarme e l’osservazione del linguaggio in generale si mette in atto ogni qualvolta ci sia una patologia dell’età evolutiva o comunque un ritardo nello sviluppo. Abbiamo fatto riferimento al ritardo di linguaggio ma le difficoltà comunicative e linguistiche riguardano patologie di diverso genere. Il logopedista ha come obiettivo quello di supportare la comunicazione e per farlo può mettere in atto una serie di strategie e di attività.

Abbiamo visto come il bambino arriva a produrre le prime parole in un percorso fatto di sperimentazioni, tentativi e aggiustamenti. I continui feedback che il logopedista gli rimanda gli permettono di aggiustare il tiro e migliorarsi sempre di più in funzione di una comunicazione via via più efficace. Che tipo di strategie possiamo usare?

Eccone alcune:

Uso di termini corretti: diamo al bambino la possibilità di recepire un linguaggio fatto di termini semplici, a lui accessibili, ma non per questo scorretti. È il terapista che dà il target al bambino e non viceversa. Se il bambino all’inizio tenderà ad usare la parola “ao” per indicare il gatto, sarà compito del terapista fornire il termine corretto “gatto” e non “ao”. Allo stesso modo il terapista non utilizzerà termini diminutivi e infantili come ‘bua” o “ciccia”.

Riformulazione: se il bambino, durante l’acquisizione di suoni e parole ne sbaglia la pronuncia, non andremo a dirgli in modo esplicito che ha sbagliato, ma riformuleremo la sua produzione riproducendo il target corretto, ampliandolo o posizionandolo all’interno di una frase. Ad esempio, se la sua produzione è del tipo “una” indicando la luna che vede dalla finestra, potremo riformulare nel seguente modo: “la luna! Che bella la luna”. La riformulazione permette al bambino di ascoltare il target pronunciato correttamente e di avere un esempio immediato della parola che ha provato a dire all’interno di un contesto frasale.

Attesa: i tempi di reazione dei bambini non sono pari a quelli degli adulti. Il bambino ha bisogno di tempo per comprendere ciò che gli abbiamo detto, pensare a una risposta, a come esprimerla e a metterla poi in atto. Il tutto durante magari un gioco o un’attività in cui è impegnato nel fare qualcosa che potrebbe in qualche modo distrarlo dall’atto comunicativo. Il terapista deve concedere del tempo di reazione una volta dato lo stimolo. Durante questo lasso di tempo è necessario mantenere il contatto oculare con il bambino per non interrompere lo scambio comunicativo e attendere una risposta. Il bambino si sentirà accolto, non incalzato e pronto a sperimentarsi.

Espressioni del viso: il canale visivo è un attimo modo per supportare la comunicazione. Durante la terapia sarebbe utile abbassarsi al livello del bambino, parlargli di fronte e accentuare le espressioni facciali in funzione di ciò che stiamo dicendo.

Doppia alternativa: capita che i genitori, in modo involontario, vadano ad anticipare i bisogni dei propri figli, senza dargli la possibilità di esprimersi. Il terapista deve dare invece spazio a qualsiasi tipo di intenzionalità o sforzo comunicativo da parte del bambino. Durante la terapia potrebbe essere utile fornire una doppia alternativa: se sappiamo già che il bambino vuole giocare con le macchinine, gli chiederemo lo stesso “vuoi le macchinine o i cubi?”. In questo modo dalla nostra richiesta esplicita, il bambino avrà la parola da usare senza fare lo sforzo di dover trovare il termine e allo stesso tempo lo metteremo nella condizione di sperimentarsi rispondendo. Andremo in questo modo non ad anticiparlo, ma a supportare la sua comunicazione. Se il bambino è già in grado di rispondere, non gli daremo la scatola delle macchinine ma aspetteremo che sia lui a dirci che vuole quel gioco, dopo avergli chiesto di scegliere l’attività.

ATTIVITÀ PER SPERIMENTARE LE PRIME PAROLE

Lettura: i libri possono essere dei validi strumenti a supporto del linguaggio, sia per la comprensione di termini nuovi che per l’ampliamento lessicale. Sebbene la lettura condivisa richieda delle buone competenze attentive (il bambino deve restare seduto sulla sedia o per terra, concentrato ad osservare le pagine per un tempo sufficiente), è un’attività versatile e che si può proporre a tutti i bambini.

Dobbiamo ricordarci di fare attenzione ad alcuni aspetti importanti:

  1. Proponiamo libri che siano adatti alle competenze comunicative e cognitive del bambino. Uno stesso libro può essere adatto ad un bambino e a un altro no.
  2. Facciamo scegliere per primo il bambino. Anche se al posto suo avremmo scelto un altro libro, dobbiamo considerare che la motivazione è una leva fondamentale nella riabilitazione e se il bambino è motivato, sarà più propenso a proseguire l’attività e a riprenderla successivamente.
  3. Cerchiamo di ritagliare sempre un momento durante la terapia di lettura condivisa e richiediamo ai genitori di fare lo stesso a casa. Dovrà essere il terapista a spiegare al genitore l’importanza della lettura e di suggerire libri adatti al bambino.
  4. Non deve essere un’interrogazione, ma uno scambio comunicativo nel quale l’azione comunicativa ruota intorno alle pagine del libro. Perciò, iniziamo la storia raccontando noi stessi ciò che sta succedendo. Indichiamo contestualmente quello che stiamo dicendo. Facciamo delle pause per dare modo al bambino di introdursi nel racconto, se poi sarà lui a voler raccontare, ancora meglio.

Gioco: il contesto di gioco è un ottimo modo per sperimentare l’emergere delle prime parole. Attraverso il gioco il bambino impara divertendosi. A seconda dell’età e delle capacità del bambino possiamo proporre delle attività divertenti il cui scopo sarà quello di incrementare il vocabolario e supportare la fase combinatoria.

QUALCHE ISPIRAZIONE

  1. Gioco simbolico. Nel gioco simbolico il bambino si sperimenta a seconda dei suoi gusti e di ciò che ha in mano in quel momento. Potrà giocare a far finta di cucinare, di stendere i panni o di usare una macchina lungo una strada. Il terapista ha la possibilità di usare i termini (sostantivi, aggettivi e verbi) legati a quello che il bambino sta facendo.
  2. Strumenti musicali. Usiamo gli strumenti per far sperimentare il bambino i concetti di piano, forte, veloce, silenzioso. Possiamo battere il tamburo e chiedere al bambino quanto colpi ha sentito oppure con il fischietto ci dirà lui se il suono che ha sentito era lungo o corto.
  3. Gioco della torre. Possiamo giocare. a fare una torre impilando dei cubi, delle scatole o dei mattoncini. In questo modo possiamo proporre termini come alto, basso, cadere, costruire e tutti quelle parole che magari caratterizzano gli oggetti che stiamo usando (i colori dei cubi, la forma, il peso, la consistenza).
  4. La casa delle bambole. Questa attività può essere largamente sfruttata per l’uso di vocaboli nuovi ma soprattutto per i concetti topologici (sopra, sotto, vicino…) e per la combinazione di due parole insieme. Il bambino si troverà a gestire i giochi che ha a disposizione (bambole, oggetti della casa, vestiti) e potrà essere supportato nel raccontare dove li vuole mettere o nel richiedere una determinata azione. Ad esempio, la frase prodotta “bimba letto”, associata al gesto di mettere la bambola nel letto, può essere riformulata dalla terapista “la bimba è nel letto. La bimba dorme”.

Alcune idee dal catalogo

  • Cassetta/tavolo del falegname
  • Negozio-teatro
  • Registratore di cassa completo
  • Stendibiancheria in legno
  • Burattini dei valori: pinocchio e il brutto anatroccolo
  • Gioco delle pulizie
  • Cestino della spesa – 32 pezzi
  • Asse da stiro in legno
  • Baby maestro – 4 pezzi
  • Mini orchestra tropicale – 3 pezzi
  • Palle delle note
  • Bastoncino a sonagli
  • Cembalo scuola – 16 coppie di piattelli
  • Prima torre
  • Bicchieri gioco impilabili
  • Casa delle bambole in legno colorata
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