Vorrei iniziare questo articolo spiegando che cos’è il (SCD) Disturbo della Comunicazione Sociale (Pragmatica) e quali sono i criteri per diagnosticarlo, poiché non è semplice da riconoscere, soprattutto capire la presenza o meno di altri Disturbi in comorbilità ed effettuare una diagnosi differenziale.
Il Disturbo della Comunicazione Sociale nel DSM-5 è inserito nei Disturbi della comunicazione affini ai disturbi del linguaggio e per essere diagnosticato devono essere presenti quattro sintomi relativi a difficoltà persistenti nell’uso sociale della comunicazione (verbale e non verbale):
- Deficit nell’uso della comunicazione per scopi sociali come salutare, guardare negli occhi e scambiarsi informazioni;
- Difficoltà nel modificare lo stile comunicativo in base al contesto o delle esigenze di chi ascolta;
- Difficoltà nel seguire le regole della conversazione e del racconto orale (come gestire e rispettare lo scambio dei turni, ripetere quando non si viene capiti) e deficit nell’uso del linguaggio e della comunicazione per regolare l’interazione sociale;
- Difficoltà nel fare inferenze, ovvero comprendere quanto non viene detto esplicitamente e formulato in modo non-letterale o ambiguo (ad esempio, espressioni idiomatiche, metafore, atti ironici).
Tutte queste difficoltà devono incidere significativamente sull’efficacia comunicativa, sulla partecipazione e sull’adattamento sociale, sui risultati scolastici o lavorativi e devono essere escluse condizioni mediche e neurologiche specifiche, basse abilità nel dominio strutturale del linguaggio (fonologia e sintassi), Disturbo dello spettro autistico e Disabilità intellettiva.
Perché diagnosticare il Disturbo della comunicazione Sociale è difficile?
La presenza dei sintomi deve essere evidente in fase evolutiva ma i deficit potrebbero non manifestarsi fino a quando la richiesta socio-comunicativa del contesto non supera le capacità del soggetto. Inoltre, diagnosticare il Disturbo pragmatico della comunicazione è difficile perché fino ai 4/5 anni di età bambini con disturbi del linguaggio possono non aver ancora sviluppato adeguatamente l’eloquio. Per questi casi, i segni clinici di ambito pragmatico potrebbero non essere evidenti se non in età successive. Potrebbero emergere sintomi più specifici relativi alla gestione della conversazione e del discorso narrativo tra i 6 e 10 anni.
La sintomatologia primaria del deficit pragmatico si manifesta nell’incapacità di sostenere scambi conversazionali diadici efficaci. Tra i sintomi pragmatici spesso riferiti vi è la difficoltà di comprendere e manipolare varie forme di linguaggio figurato come le espressioni idiomatiche, le metafore, l’ironia e gli atti linguistici indiretti.
Sebbene questo Disturbo sembri più “compito” delle colleghe Logopediste, in realtà mi sono trovata diverse volte ad avere piccoli pazienti SCD. Personalmente, ho provato a definire il livello di impatto che queste difficoltà pragmatiche avessero sul comportamento adattivo, sulla regolazione emotiva e sulle strategie di coping nelle situazioni sociali da parte del bambino. Le tecniche che ho utilizzato sono di tipo individuale con un uso costante del modellamento dello scambio verbale, del role-play e di attività di sabotaggio.
Cosa si intende per sabotaggio
In sostanza, ho compiuto volontariamente degli errori per focalizzare l’attenzione del bambino sull’azione pragmatica di interesse. Il mio intervento da psicologa mira ad allenare il bambino alla consapevolezza e al controllo volontario dei meccanismi che sottendono la conversazione, la narrazione e i processi inferenziali con una struttura fortemente meta-cognitiva e meta-pragmatica.
Ovviamente, nel mio lavoro non può mancare il gioco, attraverso il quale si può arricchire e/o perfezionare il proprio vocabolario e utilizzare le strutture fondamentali del linguaggio. Un gioco che uso moltissimo, che mi permette di variare nell’utilizzo e di sfruttare anche il canale visivo è “Linguaggio Descrittivo”.
Con i due mazzi di carte identiche il bambino può creare situazioni linguistiche in coppia e piano piano arricchire sempre di più l’enunciato, inserendo particolari e arrivando a creare delle piccole storie partendo dalla coppia di immagini scelta per sviluppare al meglio le capacità comunicative.
Personalmente, credo che il gioco sia uno strumento fondamentale nella terapia perché si sceglie e si adatta in base alle caratteristiche del bambino. Grazie al gioco, il bambino apprende a collaborare, a rispettare le regole (in questo caso riferite alla lingua orale, ma anche quelle sociali come il rispetto del turno), ad ascoltare e ad assumere un atteggiamento prosociale.
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